Dichiarazione per il LXXI Anniversario della Liberazione

La Repubblica italiana, nata il 2 giugno di settanta anni fa, per voto di popolo liberamente espresso, è figlia diretta della Resistenza al nazi-fascismo, conquista ineluttabile di donne ed uomini non più disposti ad essere considerati sudditi invece che cittadini, dopo che avevano messo in gioco gli affetti e le speranze della loro gioventù per costruire un mondo migliore.

 

Giuseppe Mazzini aveva definito l’Italia monarchica alla stregua di un quadro senza cornice, una casa senza mobilio, denunciando il sostrato autoritario che le istituzioni liberali non sarebbero riuscite a risolvere e che sarebbe sfociato nella dittatura mussoliniana. La questione istituzionale rappresentava l’eredità incompiuta del Risorgimento. La lotta di liberazione dal nazifascismo ha gettato le premesse per l’affermazione referendaria della Repubblica segnando una discontinuità irreversibile perché il Popolo si è fatto Stato nel momento in cui tutte le istituzioni, a cominciare dal loro vertice, si dissolvevano nell’ignominia.

 

Risorgimento, Resistenza, Repubblica: questo trinomio allitterante nelle “erre” iniziali dei suoi tre termini riassume la linea di sviluppo dell’Italia civile che non si è mai affermata facilmente, ma ha sempre dovuto confrontarsi con le strenue opposizioni del conservatorismo sociale, dell’oscurantismo culturale, dell’indifferentismo morale.

 

L’attualità della Resistenza sta nella riscoperta della dignità dell’uomo che non può mai essere ridotto ad una cosa, nella conseguente assunzione dell’auto-responsabilità che ne deriva per il cittadino davanti alla sua coscienza e quindi nella consapevolezza che senza il sacrificio di ciascuno per il bene comune non c’è vera democrazia.

 

La Resistenza insegnò agli italiani l’indivisibilità della libertà e della pace di un popolo rispetto a quelle degli altri popoli, in quanto fondata sull’uguale dignità morale di ogni uomo qualunque ne sia la patria, la religione, il sesso, il colore della pelle.

Una lezione di solidarietà internazionale su cui rimeditare oggi a fronte di un’Europa che sembra avere smarrito il senso della sua integrazione post-bellica, dal momento che prima ha abbandonato a se stessi i popoli di alcuni suoi Stati membri lasciandoli stremare dalla crisi economica ed oggi respinge i profughi provenienti dall’altra sponda mediterranea solo perché ha ignorato per anni il problema e non si dà cura di esigere l’attuazione delle decisioni che pure i suoi organismi legittimamente assumono.

La Resistenza restituì agli italiani il significato della politica, che il regime fascista aveva ibernato e che solo nel breve primo dopoguerra aveva cominciato a diffondersi nelle masse popolari. La dittatura si era nutrita del disprezzo della politica ed aveva volto a suo vantaggio la distanza tra il paese reale ed il paese legale. La Repubblica ha risolto sul piano istituzionale l’antica tara nazionale della scissione tra governanti e governati, ma ad un certo punto – ed oggi più che mai – sembra che quell’equilibrio si sia rotto ancora una volta sfociando in un clima non più soltanto di generalizzata sfiducia verso i partiti, ma verso la politica tout court, come se una democrazia possa amputarla senza mettere a repentaglio se stessa.

Nel ricordo dei martiri partigiani, i mazziniani italiani fanno perciò loro l’auspicio che fu di

Piero Calamandrei perché la politica ritrovi in Italia il “tempo della buona fede”!

 

Genova,25 aprile 2016