Ricorre oggi il settantesimo anniversario dell’approvazione della Costituzione repubblicana, avvenuta a larghissima maggioranza da parte dell’Assemblea Costituente. L’eredità politica di Giuseppe Mazzini, più e più volte evocata nei lavori preparatori, fu richiamata alla presentazione del testo finale da Meuccio Ruini, nella sua qualità di Presidente della Commissione dei 75, con riferimento all’esperienza della Repubblica romana del 1849. Mazzini ritornò anche nelle parole dell’allora Presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi che volle citare la Costituente nazionale che avrebbe da Roma manifestato all’Italia ed all’Europa il pensiero del popolo. Ma in quella storica tornata parlamentare si fece sentire, per via telegrafica, anche la voce di un altro mazziniano, il sindaco di Venezia Titta Gianquinto, il quale, memore dell’imminente centenario della Repubblica di Manin, esaltava la nuova carta costituzionale come il “sogno di tanti martiri del primo Risorgimento italiano, meta raggiunta al prezzo di tanti sacrifici e di sangue in questo secondo Risorgimento”.
In virtù del nuovo ordinamento costituzionale, l’Italia si scrollava di dosso la triste eredità del regime nazifascista – che aveva condotto agli orrori della guerra mondiale e della persecuzione anti-ebraica – per richiamarsi agli ideali del Risorgimento e della Resistenza.
Il grande giurista e costituente Piero Calamandrei ha scolpito quel forte sentimento etico-politico nelle parole che indirizzò ai giovani nel decennale della Liberazione: “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità della nazione, andate là, o giovani, col pensiero, perché là è nata la nostra Costituzione”.
Nel segno della discontinuità impresso dal referendum istituzionale, la Costituzione ha rappresentato la “tavola dei valori” dell’Italia democratica, l’affermazione dello Stato di diritto, l’indispensabile premessa al processo di integrazione europea.
Dal primo gennaio 1948, la Costituzione repubblicana ha accompagnato l’evoluzione politica, civile, economica e culturale della società italiana, grazie alla lungimiranza della formulazione del suo articolato. Le italiane e gli italiani vi hanno attinto – con spirito di coesione crescente nel corso dei decenni – l’energia della ricostruzione e dello sviluppo, l’ispirazione per affermare i diritti civili e del lavoro, la forza di restare uniti difronte al terrorismo.
Il “patriottismo costituzionale” è oggi la risorsa morale su cui poggia il senso di appartenenza alla comunità nazionale, la condivisione profonda dei principi della convivenza democratica, l’aspirazione ad una società più libera e più giusta che ritrova nel suo seno saldi argini alla paura, all’egoismo, all’oscurantismo. Nell’Italia proiettata verso gli Stati Uniti d’Europa, non vi è spazio per i rigurgiti neofascisti e monarchici delle ultime settimane!
Come ha ricordato nel messaggio augurale di pochi giorni fa il Presidente della Repubblica, è dalla carta costituzionale che deriva “il doveroso concorso di ciascuno alla vita istituzionale e sociale della Repubblica”, nell’ottica di una “diffusa e comune responsabilità repubblicana”.
Ma una costituzione – anche alla luce delle modifiche intercorse ovvero delle relative proposte – è tanto più viva quanto più in essa possa rispecchiarsi il patto di fiducia reciproca tra i cittadini e le istituzioni che vi ritrova le sue regole. E’ questa una responsabilità precipua della rappresentanza parlamentare che sarà a breve rinnovata.
Lo storico anniversario sia, quindi, motivo di incoraggiamento per l’ulteriore attuazione dei principi e delle norme della Costituzione, ancor più necessaria nella fase di cambiamento tumultuoso che stiamo vivendo, nell’ottica mazziniana dell’educazione del popolo repubblicano.
Genova, 22 dicembre 2017