Anticipiamo l’editoriale del Presidente Nazionale Michele Finelli che sarà pubblicato sul numero 1 del PM 2025

Navigare nella brutalità 

È difficile prendere le misure alla brutalità che caratterizza questi tempi distopici. Non siamo di fronte a un interlocutore col quale confrontarsi costruttivamente all’interno di un quadro di regole riconosciuto, ma ad una piovra tentacolare e impalpabile che inquina le più scontate forme di convivenza civile e di buona educazione. Trae la sua linfa dall’ignoranza o, se vogliamo, dalla presunzione di onniscienza e dalla ipocrita libertà di parola che i social hanno sdoganato. Colpisce a tutte le ore, vestita dell’indifferenza verso la deportazione di cittadini venezuelani in El Salvador senza alcun rispetto della dignità umana o con il bando dei libri “ideologici” dalle scuole della Florida, tra cui una versione a fumetti del Diario di Anna Frank. Se la risposta agli eccessi del Politically correct o della cultura Woke, da noi pur stigmatizzati, si traduce nel divieto del “Pride” come in Ungheria – col quale in realtà si colpisce il diritto di manifestare – o nella fine delle politiche di inclusione dei lavoratori disabili nelle aziende, è facilmente comprensibile che, attraverso gli attacchi alle minoranze siano progressivamente messe in discussione le libertà di tutti. 

L’Internazionale sovranista è all’opera da almeno dieci anni, quando con il referendum sulla Brexit era iniziato l’attacco all’Unione Europea; chi non vuole gli Stati Uniti d’Europa, anche se può sembrare una contraddizione, fatica meno a “federarsi”, poiché accomunato dall’idea che i corretti processi istituzionali rappresentino inutili orpelli. Non stupisce affatto che il 16 aprile gli Stati Uniti abbiano espresso parere contrario ad una risoluzione delle Nazioni Unite e del Consiglio d’Europa volta a tutelare i diritti umani e la democrazia: con loro hanno votato, tra gli altri, Russia, Bielorussia, Corea del nord, Nicaragua, Niger, Mali, Eritrea e Sudan, paese dove peraltro è in atto, lontano dai riflettori, una tragica crisi umanitaria. Come reagire, dunque, a questa ondata di cattiveria e alla endemica polarizzazione che caratterizza le nostre vite? Non ha alcun senso perdere tempo sui social, dove comprensione e dialogo risultano ormai impossibili. Più utile affidarsi alla bussola che Mazzini ha pensato per noi grazie alla critica al nazionalismo, all’elevazione dell’Umanità a categoria politica e al valore della pace giusta e duratura. Sono i tre pilastri teorici, l’uno legato all’altro, che motivano il nostro rifiuto del sovranismo, i cui limiti economici stanno venendo alla luce in questi giorni con l’insensata guerra dei dazi scatenata da Trump e da Ron Vara, acronimo del suo consigliere economico Peter Navarro. Nell’ottobre del 1871, pochi mesi prima della morte, Mazzini chiarì nell’articolo Nazionalismo e nazionalità, pubblicato sulla “Roma del Popolo”, come fosse fuorviante mistificare la “santa parola Nazionalità, fatta sinonimo d’un gretto geloso ostile nazionalismo”. Assieme a Carlo Cattaneo, pur partendo i due da prospettive diverse, Mazzini si fece promotore di un’Europa federale, nella quale tutti i popoli potessero riconoscersi come “fratelli”, come già statuito dal quarto dei Principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Romana. Nazione come mezzo e non come fine, funzionale alla nascita degli Stati Uniti d’Europa, e compresa nel più ampio concetto di Umanità, categoria politica universale che il grande genovese sostituì al Fraternité della Rivoluzione Francese, ritenuto individualista perché tagliato su misura della sola borghesia francese. Il suo ragionamento raggiunse la maturazione quando nella sua opera più importante, non a caso “stravolta” da Giovanni Gentile, I Doveri dell’Uomo, egli innovò radicalmente la formula “Dio, Patria e Famiglia” risalente a Tommaso d’Aquino, introducendo l’Umanità come quarto lemma tra Dio e Patria. Non più un appello a un Dio identitario e chiuso ma ad un “internazionalismo radicato” nella Storia nazionale ed in grado di aprirsi verso l’esterno, per superare l’idea stessa di Nazione di fronte alle sfide che proprio l’Umanità – sola autentica interprete del divino nella Storia – si trovava e si trova davanti. Un’idea non rimasta tale, ma fattasi azione grazie all’Alleanza Repubblicana Universale nel 1866. Quest’idea di Nazione – e di Dio – ha  ispirato i “Patrioti” italiani dal Risorgimento sino a Carlo e Nello Rosselli, Jacopo Lombardini e Gaetano Salvemini che proprio in terra americana fondò, per ridare all’Italia la propria dignità di paese libero, la “Mazzini Society”. In un quadro di Umanità universale, come ci ha insegnato Giuseppe Mazzini, la pace non può essere frutto dell’ordine imposto dagli oppressori, ma la conseguenza di un organizzazione mondiale basata su libertà e giustizia comuni a tutti gli stati.  

È stato sulla base di queste tre coordinate che il 15 marzo e Roma, ed il 6 aprile a Bologna, l’Associazione Mazziniana è scesa in piazza per l’Europa. La partecipazione alle due manifestazioni ha rappresentato l’inizio di un nuovo percorso, quello della mobilitazione a fianco delle europee e degli europei a sostegno degli Stati Uniti d’Europa; dopo anni difficili, segnati dalla pandemia e dalle guerre in Ucraina e Medio Oriente, Piazza del Popolo e Piazza Maggiore hanno rappresentato l’occasione, finalmente, per sentirsi meno “soli” nella battaglia. Ciò è avvenuto dopo un confronto ampio e articolato all’interno della Direzione Nazionale, nella consapevolezza che alle già note minacce nei confronti dell’Unione europea, provenienti da autocrati interni ed esterni, e all’aggressione russa in Ucraina, si è recentemente aggiunta l’ostilità della nuova amministrazione americana, sia sul piano valoriale che su quello economico. In attesa di dedicare l’approfondimento critico che merita alla Risoluzione del Parlamento europeo del 2 aprile scorso, relativa all’attuazione della politica di sicurezza, è possibile affermare che l’obbiettivo necessario della difesa comune sarà raggiunto solo se preceduto da una politica estera europea dotata di una visione federalista, capace di rispondere alle sfide economiche e sociali poste da questo impegno. Difficile costruire gli Stati Uniti d’Europa passando dal solo riarmo nazionale. 

In ogni caso scendere in piazza con le bandiere dell’Unione europea ha significato  difendere democrazia e pace, faticosamente conquistate dopo la Seconda guerra mondiale, e non sostenere le lobbies del riarmo come hanno sostenuto i detrattori delle manifestazioni. Sono i pilastri dell’Umanità mazziniana che ci hanno permesso di schierarci a fianco del popolo ucraino (non di Zelensky in sé) a partire dall’invasione russa, e ci consentono di esprimere la nostra solidarietà a Ekrem Imamoglu, ingiustamente detenuto in un carcere, e ai milioni di turchi scesi in piazza. O di ribadire con forza il diritto all’esistenza dello Stato di Israele dopo il vile attacco di Hamas del 7 ottobre scorso. Al contempo, è proprio l’amicizia storica della nostra Associazione con Israele, che ci permette di essere critici nei confronti dell’uso sproporzionato e immotivato della forza a Gaza da parte del governo guidato da Netanyahu, concentrato più sulla sua sopravvivenza politica che sulla risoluzione del conflitto e sul ritorno a casa degli ostaggi, richieste a gran voce anche dalle opposizioni e dalla società civile israeliana. “Amo la mia patria perché amo tutte le nostre patrie”, scrisse Giuseppe Mazzini. È grazie alla forza universale e democratica del suo messaggio se noi mazziniani ci impegniamo quotidianamente nella difficile navigazione nel mare della brutalità, non arrendendoci ad essa, convinti che la tempesta possa passare.