L’Italia tra Covid e Quirinale
Se un anno fa il paese sembrava aggrappato al Senatore Ciampolillo oggi, a poche ore dal 24 gennaio, quando il Parlamento in seduta comune si riunirà per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, la situazione è decisamente più preoccupante. I partiti, ormai concentrati sulle elezioni politiche del 2023 (e su come evitarle nel 2022), stanno mostrando difficoltà e fatica nell’esprimere un nome condiviso la cui individuazione, col picco dell’ennesima variante ancora da raggiungere, dovrebbe rappresentare il loro primo pensiero. Naturalmente non basta solo un nome, e non basta solo il nome. Mario Draghi è finito in una strettoia maturata in un anno di faticose e sempre più difficili mediazioni tra le forze di governo, che gli hanno scaricato addosso la responsabilità delle scelte, e da una narrazione che gli ha affidato un ruolo “taumaturgico”, diventato ingombrante in questo passaggio cruciale.
Il quadro internazionale e quello italiano non sono dei migliori. La scomparsa di David Sassoli, la cui portata potremo misurare solo tra qualche anno, rappresenta un duro colpo per il progetto europeo e per l’Italia. In una lettera indirizzata alla Direzione Nazionale dell’Associazione Mazziniana nell’agosto del 2019, poco dopo l’inizio del suo mandato di Presidente del Parlamento Europeo, Sassoli espresse preoccupazione per il momento “così delicato” che attendeva l’Unione, ma anche “l’orgoglio [e] lo stimolo” di poter lavorare per migliorarla. Nel 2019 il nemico principale erano i sovranismi, poco dopo si è aggiunta la pandemia; la tenacia con la quale Sassoli ha tenuto aperto il Parlamento Europeo è stata determinante per l’approvazione del Next Generation EU. Lo schiaffo ricevuto dalla Russia, che lo ha classificato come persona “non grata” nel maggio del 2021, non lo ha intimorito. Anzi, fino agli ultimi giorni di vita, la sua è stata la voce più ferma nei confronti della Polonia che, pur usufruendo dei fondi di Next Generation EU e di un regimi fiscale concorrenziale per l’attrazione di investimenti esteri, continua ad ignorare i trattati europei e a calpestare i diritti civili. Tornando alla Russia, la messa la bando da parte della Corte Suprema della Ong “Memorial”, fondata nel 1989 da Andrej Sacharov per tutelare il ricordo delle vittime del comunismo, assieme a quanto sta accadendo ai confini con la Crimea in queste ore, è altamente preoccupante e merita una risposta compatta da parte dell’Unione.
Il Summit delle Democrazie promosso da Joe Biden, risposta al multipolarismo, rischia di rimanere lettera morta se ad esso continueranno a seguire comportamenti incoerenti degli Stati Uniti nei confronti degli alleati europei e della Nato, come ha tristemente dimostrato la vicenda afghana. Proprio il fallimentare ritiro da Kabul ha segnato l’inizio del calo di popolarità di Biden; la variante Omicron e l’inflazione galoppante stanno facendo il resto, nonostante l’approvazione di un piano infrastrutturale da 1200 miliardi di dollari. Dietro al Presidente statunitense c’è un partito lacerato, cui fa da contraltare la debolezza dei Repubblicani incapaci, nonostante il trauma dell’assalto al Campidoglio, di neutralizzare Trump, il cui linguaggio violento e antidemocratico abbiamo sentito nuovamente una settimana fa. Da tutta questa situazione trae vantaggio la Cina, con Xi Jiping impegnato nel consolidamento del suo potere.
In Italia si registra uno stallo dell’azione di governo, testimoniato anche dal ritardo con cui sono state adottate le nuove misure anti-Covid. Il rimbalzo del PIL, stimato al 6,3% in chiusura di 2021, rischia di essere vanificato dall’inflazione e dai rincari di materie prime e fonti energetiche, i cui costi si scaricano soprattutto sulle piccole e medie imprese e sui redditi più bassi. Gli interventi statali per limitare i costi dell’aumento della bolletta energetica, oltre a rivelarsi insufficienti, finiscono col drenare risorse pubbliche preziose. Anche i dati dell’“Osservatorio sul precariato” relativi al periodo gennaio-ottobre 2021, non sono incoraggianti: i nuovi contratti di lavoro a tempo indeterminato, al netto delle cessazioni, hanno infatti registrato una diminuzione di 163.174 unità. Sul fronte opposto, invece, sono cresciuti i contratti di somministrazione, più 100.674, e quelli a tempo determinato, più 788.166. A pagare un prezzo significativo, come sempre, sono le donne. Per la prima volta dal 2013 – secondo i dati forniti dal MEF – l’occupazione femminile è scesa al 49%, contro una media europea del 62,7%; per le donne giovani e quelle meridionali si arriva addirittura al 33,5% e al 32,5%. Preoccupante anche l’aumento del tasso delle donne Neet (quelle che non studiano, non lavorano e non si formano), salito nel 2020 dal 27,9 al 29,3%, contro una media Ue del 18%. Non c’è dubbio dunque che il futuro prossimo del paese passi dall’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, e dal modo in cui il governo e le forze politiche ne usciranno. Il nuovo Presidente peraltro dovrà gestire anche un dossier impegnativo come quello della Giustizia, cui in questi giorni si sono aggiunte le polemiche tra Consiglio di Stato e Consiglio Superiore della Magistratura. L’Associazione Mazziniana osserva con attenzione, auspicando la rapida elezione di un Presidente laico, votato ad ampia maggioranza, garante dell’unità nazionale ed europea e capace di continuare nel solco tracciato da Sergio Mattarella.
In questo momento di difficoltà si intravede anche qualche luce. Nonostante il silenzio assordante che i media italiani riservano alla Conferenza sul Futuro dell’Europa, i gruppi di Renew Europe, Ppe e S&D, sensibili alle voci proveninenti dalla Conferenza stessa, hanno stretto un accordo perché alle elezioni del 2024 si arrivi con la presentazione di liste transnazionali. Si tratterebbe di un risultato storico per tutti gli abitanti dell’Unione Europea. Altra vicenda significativa è quella degli operai della fonderia ex Lem di Porretta Terme, che hanno rilevato la loro vecchia azienda e si sono uniti, dopo un iter faticoso, in una cooperativa, concretizzando al meglio il motto mazziniano “Capitale e Lavoro nelle stesse mani”.
Si tratta di un messaggio incoraggiante per il 2022, centocinquantesimo anniversario della morte di Mazzini. In questi due anni di pandemia sono emersi numerosi riferimenti alla sua figura come modello di ispirazione. Dovere, Umanità Europa, sono parole tornate ad essere familiari, anche grazie al nostro impegno costante e alla collaborazione con la Domus Mazziniana e il Movimento Federalista Europeo. Per evitare che queste celebrazioni diventino un mero omaggio formale, ma permettano ai cittadini di riappropriasi della figura di Mazzini, è fondamentale riscoprirne il Pensiero e l’Azione come punti di riferimento di una cittadinanza civica e repubblicana, ma anche forte e inclusiva. Si tratta di un lavoro difficile ed impossibile da costruire senza la collaborazione di studiose e studiosi, istituzioni, scuole, artisti, associazioni e dal quale, come sempre, non ci sottrarremo.
In chiusura di editoriale voglio esprimere un ringraziamento personale ed a nome di tutti i mazziniani a Francesca Pau, Caporedattrice della nostra rivista dal marzo 2019 al dicembre 2021. Finché gli impegni professionali e personali non le hanno impedito di continuare, Francesca è stata un riferimento costante e generoso per la Redazione e tutti gli amici, ed è stata determinante per l’uscita de “Il Pensiero Mazziniano” durante questo momento difficile.