La riforma del Senato

La riforma del Senato è un tema ricorrente della storia costituzionale italiana. Anche ai tempi della monarchia, quando la Camera Alta era di nomina regia, si discusse a lungo su come conferire al Senato una diversa base rappresentativa, senza tuttavia approdare a nulla. All`Assmblea costituente, da un lato il monocameralismo era minoritario, dall`altro le opzioni diverse, da quella regionalista a quella neo-corporativa, furono avanzate con molta timidezza. Ne è venuto fuori un bicameralismo sostanzialmente perfetto, a parte la diversa soglia d`età dell`elettorato sia attivo che passivo, di cui da subito si cominciarono a denunciare i ritardi e le disfunzioni. É paradossale che oggi i tempi della riforma si stringano senza richiamare quel dibattito, ma soltanto sulla spinta di trovare un rimedio ad un sistema elettorale che produce un parlamento a doppia maggioranza magari risparmiando sui cosiddetti costi della politica.

Della spinta riformatrice va senz`altro colto l`obiettivo essenziale di concentrare il rapporto fiduciario e di snellire il procedimento legislativo, ma non per questo essa va presa per buona in tutte le sue componenti. Innanzitutto, non si vede perché rinunciare al principio elettivo. Solo per risparmiare come se le elezioni fossero i famosi ludi cartacei di cui si parlava nel ventennio? Attenzione a non confondere i costi della politica con i costi della democrazia! D`altra parte, un`assemblea di secondo grado sarebbe così poco rappresentativa da risultare inutile. Non convince poi per niente l`idea di puntare sulle regioni e le autonomie locali. Si rischia o di accrescerne i poteri o di farne un mero pennacchio. Lasciando da parte un modello che non ci appartiene e che è ormai un detrito storico dell`ubriacatura federalista di marca leghista fortunatamente ormai esauritasi, sarebbe piuttosto il caso di partire dal chiedersi a che cosa possa servire oggi per l`Italia una Camera Alta e come essa possa integrarsi con la Camera dei deputati che verrebbe fuori dal nuovo sistema elettorale in una visione integrata della rappresentanza politica nazionale. Considerata largamente superata l`antica impostazione della Camera di ripensamento della legislazione anche a causa del sempre crescente spazio rivendicato dalla legislazione europea,  quel che oggi mancherebbe all`Italia, avendo invece incentrato sulla Camera dei deputati il rapporto fiduciario e quindi la formulazione dell`indirizzo politico della maggioranza, è un Senato delle garanzie costituzionali, vale a dire un`assemblea elettiva a cui affidare funzioni di riequilibrio rispetto alla maggioranza parlamentare uscita dal confronto tra le coalizioni. Il nuovo Senato, che potrebbe essere composto da cento membri eletti con la proporzionale pura in un collegio unico nazionale con voto di preferenza, assicurerebbe in tal modo un diritto di tribuna a tutte le forze politiche senza scalfire la governabilità e conserverebbe una dimensione nazionale della rappresentanza, mentre la nuova legge elettorale prevede collegi molto piccoli per la Camera dei deputati. Questa complementarietà, resa finalmente possibile dalla concentrazione in una sola camera del rapporto fiduciario con il Governo, si esprimerebbe in modo sostanziale sul piano delle funzioni che il nuovo Senato dovrebbe assolvere:

a) voto a maggioranza dei due terzi delle riforme costituzionali, salvo ricorso a referendum;

b) elezione dei giudici della Corte costituzionale, dei componenti del CSM e di tutte le autorità indipendenti di spettanza del Parlamento;

c) richiamo delle leggi approvate dalla Camera in tutte le materie riferibili a principi costituzionali, con possibilità di proporvi emendamenti e di chiederne una seconda votazione da parte della stessa Camera, entro il tempo limite di un mese;

d) controllo dell`attuazione delle leggi al fine di proporne eventuali modifiche all`altro ramo del Parlamento,  a cui dovrebbe essere assicurata una sorta di corsia privilegiata;

e) potere di inchiesta parlamentare attivabile su richiesta di un terzo dei componenti.

Un siffatto Senato delle garanzie avrebbe non solo il merito di razionalizzare il sistema parlamentare nazionale, ma anche quello di far tacere tutte le critiche di plebiscitarismo che si vanno levando da più parti, oltre a quello di ricondurre nel più tradizionale alveo le funzioni del Presidente della Repubblica, da tempo chiamato a ruoli di supplenza che non sono gestibili nei tempi lunghi senza conseguenze sgradevoli. Non avrebbe invece molto senso riservare ad una camera priva del potere fiduciario le materie regionali e locali che sono invece strettamente legate alla funzione di governo che deve restare responsabile difronte alla sua maggioranza parlamentare.

A questo punto, per il bene del Paese, occorre uscire dalla semplicistica contrapposizione tra fretta e rinvio alle calende greche. Non si smonta un sistema bicamerale con un colpo d`accetta, soprattutto quando si può arrivare comunque rapidamente ad una soluzione migliore, solo che si affronti il problema obiettivamente e non come uno slogan. Ha ragione chi vede un freno alla ripresa dell`Italia nella vetustà dei gangli istituzionali ma, per non far peggio, ci si deve muovere in un`altra direzione logica rispetto a quello imboccata.

 

Mario di Napoli
Presidente nazionale dell`Associazione Mazziniana Italiana

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