Paolo Marchi

Turbati, sconvolti, frastornati come accade dopo i traumi gravi, giunge la notizia che Paolo Marchi ci ha lasciati qui, in questa continua battaglia per il progresso dell’Umanità, nella quale ci impegna la comune fede mazziniana.

Lui, vice presidente dell’Associazione Mazziniana Italiana, medico umanista e filantropo, dopo gli anni (“fulgidi”, anche a distanza di tempo) della goliardia, ed il lungo (inutile dire quanto ‘stimato’) esercizio professionale,  era anche la personificazione di una tradizione mazziniana anconetana, che affonda le sue radici nella “settimana rossa”, come nelle battaglie dell’antifascismo, della Resistenza, della Repubblica, ma insieme nell’azione per i soggetti più deboli (economicamente o per altre condizioni  personali) della società in cui operava.

Proprio questa esigenza di solidarietà diffusa costituiva l’essenza della Sua bontà, non nei termini effimeri delle espressioni benevolenti od unanimistiche; anzi !

Giudice fiero quanto severo di civiche virtù, misurate con il metro del più rigido “dovere” mazziniano, indulgeva però di fronte ai soggetti che necessitavano dell’ausilio umano e fraterno altrui , per far sì che potessero tornare  ad esprimere la loro piena personalità, cioè per  rendere tutti “cittadini” nel significato completo del termine.

Non era una “bontà” caritativa, era la comprensione intima, la coscienza penetrante nel dolore sociale, che animava Paolo, sensibile come un fanciullo delle esigenze altrui, dall’ironia pungente di fronte alle iniquità sociali,  generoso ed austero come un cavaliere antico.

Il Suo non era l’ “ideale” del demagogo, era quello che il poeta italico invocava (“tu sol, pensando, o Ideal, sei vero”) quale rigeneratore delle virtù, per i difensori della Patria e dell’Umanità.

Così Paolo apparteneva al Primo ed al Secondo Risorgimento, mentre preparava ed operava per il futuro, quello delle sfide che ci attendono alla soglia del terzo millennio.

I simboli del Popolo che amava tanto, le bandiere ed i labari mazziniani, le coscienze di coloro che Lo conobbero, con noi si stringono ai familiari e si inchinano reverenti mentre ci lascia, e Lo additano ad esempio di civile retaggio per le generazioni che verranno.

 

28 genn. MMXIV                              R.B.

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